L'evoluzione digitale e il suo impatto sull'Ordinamento Giudiziario
L’evoluzione digitale ha comportato notevoli cambiamenti rendendo necessario un adeguamento anche da parte del nostro Ordinamento giudiziario.
Uno dei tanti nuovi “strumenti” digitali che ha fatto ingresso nelle aule di Giustizia è lo screenshot, ossia la realizzazione di una fotografia di quanto viene visualizzato sullo schermo di un cellulare o di un computer.
Ma come viene considerato lo screenshot in Tribunale? È pienamente utilizzabile e, se sì, in quali termini? Può essere paragonato a un documento o a un’intercettazione?
Come socio puoi prelevare somme dalla società in restituzione?
Se ti stai chiedendo se il prelievo di somme da parte dei soci, come restituzione di versamenti, possa configurare un reato fallimentare, la risposta dipende dalla natura dei versamenti stessi. È importante capire la differenza tra le diverse tipologie di versamenti operati dai soci, in quanto il loro trattamento giuridico cambia a seconda del caso. Vediamo insieme cosa cambia a seconda che si tratti di versamenti in conto capitale o di un mutuo.
In tema di reati fallimentari, mentre il prelievo di somme a titolo di restituzione di versamenti operati dai soci in conto capitale (o indicati con analoga dizione) integra la fattispecie della bancarotta fraudolenta per distrazione, non dando luogo tali versamenti ad un credito esigibile nel corso della vita della società; viceversa, il prelievo di somme quale restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo integra la fattispecie di bancarotta preferenziale. (Cassazione penale sez. V, 21/06/2021, n.32930 – in precedenza ad es. 13062/2021, 14908/2008).
L’orientamento sopra riportato chiarisce come nell’ambito dei reati della crisi d’impresa vi sia una importante differenza tra la restituzione a favore dei soci di versamenti in conto capitale (o più in generale di “conferimenti”) e la restituzione di versamenti operati dai soci a titolo di mutuo.
L'appropriazione indebita nel contesto dell'associazione in partecipazione
Sei mai stato coinvolto in un contratto di associazione in partecipazione o hai sentito parlare di problematiche legate all'appropriazione indebita? Questo articolo affronta un caso giuridico interessante che riguarda proprio questi concetti. L'obiettivo è chiarire alcuni aspetti legali legati all'appropriazione indebita, esplorando il rapporto con i contratti di associazione in partecipazione, un tema che potrebbe sembrare complesso ma che merita una riflessione approfondita. Andremo ad analizzare, infatti, come la legge considera il comportamento delle parti coinvolte in tali contratti, e se ci sono effettivamente implicazioni penali quando il denaro viene usato per scopi diversi da quelli previsti.
Cosa succede quando in un rapporto contrattuale (vendita, somministrazione, locazione, mandato...) una delle due parti non adempie alle proprie prestazioni?
Sul piano civilistico, nell’ambito di un semplice negozio giuridico tra le parti, quando uno dei soggetti non esegue quanto previsto dal contratto significa che tale soggetto è stato inadempiente rispetto alla prestazione a lui richiesta.
A tale inadempimento potranno seguire una serie di attività dell’altra parte volte o a ottenere l’adempimento o il risarcimento del danno (ad esempio: lettere di messa in mora, mediazione, citazione in giudizio...).
L’inadempimento però, in alcuni casi, può avere una valenza anche penale:
Il fine dello spaccio deve essere dimostrato dall'accusa
Per principio ormai consolidato della Suprema Corte di Cassazione (da ultimo Cassazione penale sez. VI, 18/09/2020, n.26738) ai fini della configurabilità del reato di illecita detenzione di cui all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, la destinazione all'uso personale della sostanza stupefacente non ha natura giuridica di causa di non punibilità e non è onere dell'imputato darne la prova, gravando invece sulla pubblica accusa l'onere di dimostrare la destinazione allo spaccio.